Vita, avventure e miracoli del giovane pontefice di Sorrentino
Il regista della Grande Bellezza ha realizzato una splendida collana composta da dieci pietre preziose di uguale caratura e durata (all’incirca 60 minuti l’una) che abbiamo avuto modo di vedere subito dopo la proiezione in anteprima delle prime due puntate alla Mostra del Cinema di Venezia del 2016, cui siamo mancati per ragioni strettamente personali e dolorose.
Ci siamo immersi nella visione sempre più estatica di questa magnifica opera i cui primi due episodi (ed anche il quinto e il sesto) sono stati integralmente scritti dal regista. Per gli altri si è valso della collaborazione alla sceneggiatura di Stefano Rulli (terzo e quarto), Tony Grisoni (settimo e ottavo) e Umberto Contarello (nono e decimo); quest’ultimo ha collaborato con lui anche per l’eccellente La grande bellezza di cui abbiamo parlato psicoanaliticamente bene in Pazzi per il Cinema (Alpes, Roma, 2013) prima ancora che vincesse l’Oscar nel 2013.
C’era una volta dunque (o ci sarà una volta, forse…) un cardinale che viene eletto Papa giovanissimo. Il suo nome è Lenny Belardo, è di origini americane e comincia, come è prevedibile, a portare lo scompiglio in Vaticano. Questo Papa, non solo di verde età, ma anche di bellezza folgorante, è interpretato da Jude Law, apprezzato interprete di film memorabili, come Grand Budapest Hotel, Hugo Cabret, Closer, The Aviator, Sleuth, Il talento di Mr. Ripley.
Conosciamo quindi i personaggi che ci accompagneranno per tutte le dieci gradevoli ore di visione di questo entusiasmante racconto morale: il cardinale Angelo Voiello, Segretario di Stato della Santa Sede, interpretato da Silvio Orlando con la giusta, pretesca scaltrezza; Diane Keaton nei panni di Suor Mary, la monaca che da giovane ha accolto il futuro Papa tra i suoi orfanelli e lo ha cresciuto con dedizione ultra-materna, dotandolo di superpoteri ecclesiastici e di preparazione lungimirante; il Cardinale Andrew Dussolier, orfano anch’egli ed amico fin dall’infanzia di Lenny, cresciuto come lui sotto il manto di Suor Mary. Completano i personaggi protagonisti il padre spirituale del giovane Papa, il cardinale Michael Spencer, interpretato dall’ottimo James Cromwell (l’uomo che voleva diventare Papa a tutti i costi), e il compianto Toni Bertorelli, perfetto nelle vesti del cardinale Caltanissetta, ultimo ruolo da lui interpretato dopo una lunga carriera di attore per il cinema, la televisione e il teatro, nonché di scrittore (il suo libro recentissimo Voglio vivere senza di te racconta della sua lotta contro l’alcolismo, una utile libroterapia d’autore).
Dunque il nostro Papa è un anticonformista e comincia a generare anticorpi contro di lui, tanto da muovere tutte le potenze ctonie del Vaticano (a proposito, deliziosa e originale la definizione della città di Roma: una frazione di Città del Vaticano!), composte ovviamente da alcuni dei cardinalacci predetti, che si organizzano per tramare contro di lui e deporlo. Ma com’è incantevole questo Papa, e com’è squisitamente poetico, ricorda Rimbaud quando esclama: la vita è così breve che ho deciso di optare per l’eternità. E poi, come sono simpatiche le sue imprevedibili decisioni, come quella di voler a tutti i costi prendere visione di ogni dono che gli viene fatto (come scrisse una volta Umberto Eco – si parva licet – gli amici maliziosi diranno che queste cose capitano solo a me: insomma, mentre concludevo questo scritto, mi è giunta una lettera dalla Segreteria di Stato Vaticano, in cui mi si ringrazia per l’invio a Papa Francesco dei recenti numeri della rivista Psiche Arte e Società, e sul cui numero 6 Lo definisco come un Santo – anche – dell’Ambiente).
Da questo momento in poi assisteremo a sommovimenti rivoluzionari che ci terranno ipnotizzati allo schermo, curiosissimi di sapere cosa succederà nelle altre puntate. Il cardinale Spencer affronta e critica il suo pupillo, ormai Papa Pio XIII, ma non dimentichiamo che il predecessore reale, Papa Pacelli, Pio XII, fu un vero personaggio, oscillante tra la santità e il bieco reazionarismo, aiutando da un lato senza riserve e senza paura gli ebrei perseguitati, proteggendoli in Vaticano e nelle chiese e versando ai nazisti, per una possibile salvezza dalla deportazione, parecchi chili d’oro in lingotti; dall’altro lato, nel 1949 scomunicò senza pietà tutti coloro che si fossero dichiarati comunisti e fu il primo e unico Papa del ‘900 a ricorrere al dogma dell’infallibilità papale per istituire il nuovo dogma dell’Assunzione di Maria in cielo. Avrà capito quindi Spencer con chi ha a che fare?
Se è vero che la scelta del nome pontificale stabilisce una certa simpatia e continuità con il predecessore omonimo, è chiaro che Papa Belardo sembra proprio muoversi su due piani, uno rivoluzionario e poco rispettoso della forma e delle etichette ecclesiastiche (osservate per favore con che stile fuma e come si accende le sigarette che si materializzano all’occorrenza come per incanto), l’altro ironico e propenso agli scherzi da prete per i preti, in attesa di coglierne le reazioni sbalordite, come quando bisbiglia a don Tommaso, il confessore suo e di tutti i cardinali, di non credere in Dio… Non vi racconteremo naturalmente tutta la storia, ma saremo lieti di rendervi accattivante la sua visione e soprattutto ci auguriamo di convertirvi a questa cineterapia, perché è ricca di ironia e di intelligenza, che sono due delle componenti più importanti della cura con un film.
Non crediamo di rivelare cose particolari se segnaliamo la divertente maglietta bianca che indossa Suor Mary con la scritta: I’m a virgin, but this is an old shirt, né vi farà male riascoltare le famose parole di Sant’Agostino: Se vuoi vedere Dio, hai a disposizione l’idea giusta: Dio è amore.
Le posizioni del Papa sono quantomeno complicate e difficili da accettare, in quanto la sua visione del mondo cattolico è assai avulsa da quella che amerebbero i suoi elettori ormai contestatari. Per confortare la sua decisione di non apparire in pubblico, ricorre allo stratagemma della fama dell’autore del Giovane Holden… infatti, chi ha più visto Salinger e chi è proprio il più grande scrittore americano degli ultimi vent’anni? Si profila sempre più l’identikit che vorrebbe quasi renderci antipatico questo Papa così moderno per certi versi, ma così malinconico e amletico per altre storie. Mentre si organizzano sempre più le trame del complotto contro Pio XIII e dopo che Spencer, il suo mentore, gli ha consigliato, quasi ordinato, di dimettersi, arrivano i flashback dell’infanzia di Lenny abbandonato da due genitori hippy. Sarà merito (o colpa?) di Stefano Rulli (che di psichiatria ne ha masticata abbastanza durante la realizzazione di Matti da slegare insieme a Bellocchio nel 1975) se nel terzo episodio compare per la prima volta la parola “psicoanalisi”?
Alla quarta puntata siamo già diventati dei fan della storia. Ragioniamo un po’: è naturale che Sorrentino abbia preso spunto da quella che è stata secondo noi la più grande rivoluzione della storia del papato, operata da Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, quando il 28 febbraio del 2013 ha rinunciato al ministero di successore di Pietro, diventando Papa Emerito e scuotendo le fondamenta della Chiesa, aprendo la strada a quel fenomeno di Francesco, che sta operando un repulisti senza pari dentro e fuori il Vaticano. Come non pensare che il Lenny Belardo di Sorrentino sia un suo ammiratore? E come non immaginare che la fama e la grandezza e la lungimiranza di Ratzinger cresceranno nei secoli, come noi crediamo fermamente?
Accenniamo ora alla storia dolcissima di Esther, moglie di una guardia svizzera che non riesce ad avere figli; il Papa si affeziona a lei e compirà così il suo secondo miracolo, solo toccandole il ventre, mentre le potenti macchine fotografiche di quei cattivoni dei suoi cardinaloni lo riprendono per ricattarlo, riuscendo perfino a leggere sulle labbra di entrambi quanto si dicono. E allora trascriviamo quel che dice Pio XIII alla donna, perché ci è davvero piaciuto: “Io amo Dio, perché è troppo doloroso amare gli uomini… Amo un Dio che non mi lascia mai o che mi lascia sempre… Dio, o l’assenza di Dio, ma sempre rassicurante e definitiva. Sono un prete e ho rinunciato a qualsiasi uomo e a qualsiasi donna, perché io non voglio soffrire, perché io sono incapace di sopportare lo struggimento dell’amore, perché sono infelice come tutti i preti…”. E, sempre rivolto ad Esther, aggiunge “Sarebbe meraviglioso amarti così come vuoi essere amata, ma non è possibile, perché io non sono un uomo, sono un vigliacco come tutti i preti…”. Non riveleremo come reagirà il tremendo Voiello, non certo una pasta d’uomo, ma nemmeno il peggiore tra i cardinalastri che circondano Sua Santità. Ha un appartamentone come quello del vero Bertone (Segretario di Stato Emerito), che è stato magnificamente sputtanato dalla stampa, mentre Papa Francesco vive modestamente nella residenza di Santa Marta dalle suorine; ma almeno questo immaginario segretario di stato interpretato da Silvio Orlando si prende cura di Girolamo, un ragazzo gravemente disabile cui vuole bene come un figlio, e al quale confida tutte le sue possibili diavolerie contro il Papa. Quest’ultimo, proseguendo nel suo impervio cammino di asperità e sottrazioni, parla nuovamente ai porporati, adducendo il fatto che quando Gesù salì sulla croce non fece nessun compromesso, spiegando loro così le ragioni del fatto che lui non vuole scendere a nessun compromesso per portare la Chiesa ai fedeli, perché sono i fedeli che devono procedere verso di lei. Ma che divertimento quando, per una volta uniti Papa e cardinali viciniori (amici e nemici nello stesso tempo), come bravi moschettieri vanno a fare visita a un santone imbroglione e gli dicono in napoletano verace e incisivo quanto abbia rotto le scatole alla Chiesa. Che il Papa sia in odore di santità ce lo fa capire Esther quando partorisce un bimbo che diventa il cocco del Pontefice, tanto da lasciarsi scappare per lui l’appellativo di Pio XIV (sarà questo il legame di racconto con la preannunciata serie New Pope?). Ma si capisce che il vero problema del Papa è legato all’infanzia e all’adolescenza, perché la storia è di continuo disseminata di ricordi dei suoi genitori che lo hanno abbandonato, e lui li vede e li cerca anche nei suoi sogni ininterrottamente, chiedendosi, senza troppo illudersi, il perché del loro abbandono. Quando contempla la Pietà di Michelangelo, non può far a meno di lasciarsi sfuggire che il problema è tutto là, nella madre. Ma finalmente il Papa opera una trasgressione di quelle che piacciono tanto a noi psicoanalisti (e non solo): riconosce di sbagliare e si rende conto che alcuni consigli dei suoi ministri vanno ascoltati e si apre finalmente ai fedeli.
Una delle figure che ci è meno piaciuta, per come è stata dipinta, è quella del Cardinale Andrew Dussolier, compagno d’infanzia del Papa nell’orfanotrofio gestito da Suor Mary detta Ma’, perché non si capisce come, da vescovo di San Pedro Sula, si sia lasciato andare a bazzicare i narcotrafficanti e a finire poi per diventare l’amante della pupa del gangster, la quale però sembra un perfetto ma abbastanza disgustoso travestito… con tutte le belle donne che circolavano nel milieu… a meno che la scelta non sia proprio voluta per accentuare le “perversioni” di un certo Vaticano che ogni tanto emergono dai media (come l’inchiesta del Boston Globe sugli ecclesiastici pedofili, trasferita al cinema con l’opera Spotlight di Tom McCarthy e la recentissima faccenda del cardinale Pell, prefetto degli Affari economici del Vaticano, che dovrà tornare in Australia per difendersi dalle accuse di pedofilia e che Bergoglio ha messo in congedo fino alla fine del processo). Neanche si capisce come da buono e bravo allievo fedele alla supermadre Mary, come Lenny, diventi così traviato e da dolce amico del neo-Papa, lo accusa anche lui, come ha fatto Voiello, della morte per suicidio di un giovane aspirante sacerdote, bocciato da lui stesso nel proseguimento della carriera, per aver evidenziato forti componenti omosessuali in questo diciassettenne che si è lanciato nel vuoto dalla chiesa di San Pietro pochi giorni prima. La questione dell’omosessualità in Vaticano e della eventuale apertura verso un’assenza di celibato, viene poi sottolineata dal Papa in modo assai convincente: Un prete non cresce mai, perché non può diventare padre. Sarà per sempre figlio. È proprio per questo motivo che ci siamo imposti il celibato 13 secoli fa, per essere per sempre figli di Dio. È il Papa stesso ad aver dato disposizioni sulla rigidità in merito alle selezioni, con particolare riguardo alle tendenze omosessuali, sulle quali poi lentamente si ricrederà, fino a chiedere al confesso Gutierrez – in uno splendido incontro ricco di dialettica e di intelligenza, basato proprio sull’errore e sul peccato che possono condurre alla redenzione – di diventare il suo nuovo Segretario Particolare, mentre a Suor Mary riserverà una nuova e più giusta collocazione.
Vi divertirete nel vedere il cardinale che a casa indossa la divisa da calciatore del Napoli personalizzata Voiello 1, durante una partita in televisione e domandare al suo figlioccio disabile se sarà tifoso anche lui del Napoli oppure se segue le orme paterne tifando per la Roma. Questa umanizzazione degli ecclesiastici non ci dispiace affatto, soprattutto se mescolata ironicamente al narcisismo dello stesso personaggio interpretato da Silvio Orlando, che nel film risulta anche autore di un libro dal titolo asciuttissimo e anglosassone: HE (in italiano Lui), che propina in regalo a tutti i suoi visitatori e conoscenti, offrendo una seconda altra copia a chi lo possiede già, dato che il fresco di stampa contiene però una nuova prefazione.
Stando a contatto con questa Vatican-opera per così tante ore, si fa un bagno confortante di conoscenza e di speranza: capiamo che paura e libertà stanno sempre insieme, come due vecchi sposi e troviamo assai consolatoria l’esclamazione datemi la pace, io vi darò Dio!
Il papato del giovane Lenny sembra traballare ed è non senza compiacimento che abbiamo gustato le vanitosissime e vane prove davanti allo specchio del vecchio cardinale Steven che si immagina nuovo Papa; proprio a lui, il suo mentore, Pio XIII si era detto pronto a dare le dimissioni ma cambierà presto idea. Ma la storia, quella vera, resta la maestra e regina di ogni fiction, perché la scelta di Ratzinger risulta chiaramente una delle azioni più straordinarie del papato, in quanto gli altri “rifiuti” tra il primo e il quindicesimo secolo risultano tutti inficiati da questioni poco collegabili a una decisione illuminata da un serio cristianesimo.
Troviamo anche una stoccata che riguarda noi psicoanalisti durante la dottissima disquisizione sull’aborto tra il Papa e il cardinale Steven. La scienza – dice il Papa – è un dono di Dio, e Dio le ha fatto scoprire che l’ovulazione è spontanea… Vallo a chiedere alle donne – ribadisce il cardinale – guarda che quando si pensava ancora a due tipi di inseminazione, quella maschile che generava sperma e quella femminile che generava ovuli, era considerato peccato non dare piacere alla donna! Ma poi hanno scoperto che l’ovulazione era spontanea e questo è costato miliardi e miliardi di orgasmi femminili! E allora il Papa risponde: …ma ha arricchito gli psicoanalisti! E subito Steven, sarcastico, replica: L’unica professione dove di fatto non si lavora e si fanno tanti soldi e noi ce la siamo fatta scappare!
Non resta che dare ragione a entrambi. In fondo noi psicoanalisti, come ben si sa, non fatichiamo se facciamo davvero con piacere il nostro lavoro, come d’altronde accade a chiunque svolga con passione il proprio mestiere (trovati un lavoro che ti piaccia e non dovrai lavorare più per il resto della tua vita… è solito dire ai giovani un mio carissimo amico medico americano, ed io concordo pienamente con lui). Sul fatto di fare tanti soldi, se parliamo di Lacan che pare fosse avido di denaro e trasformasse buona parte della sua fortuna in lingotti d’oro, possiamo concordare, e neanche giustifichiamo tutti i cosiddetti psicoanalisti del passato e del presente di cui conosciamo la cupidigia e l’ingordigia, ma onestamente crediamo che un vero psicoanalista dovrebbe essere abbastanza fuori – intendiamo guarito – dalle logiche del denaro e dell’attaccamento allo stesso… altrimenti che psicoanalista sarebbe? …una vera e propria tristissima contraddizione in termini. E che esempio darebbe ai suoi pazienti? Freud, Jung, Rank e tanti altri grandi della Psicoanalisi non sono diventati ricchissimi, anche se forse con i loro diritti d’autore hanno lasciato un patrimonio considerevole agli eredi. Ma ci preme sottolineare che veri analisti come Freud ed anche uno particolare come Masud Khan furono generosi nei confronti di pazienti che non potevano affrontare l’analisi, facendosi pagare somme ridicole o addirittura prestando loro del denaro. Non ci è sembrato tanto ricco se non di cultura e creatività l’insigne psicoanalista Luigi Aurigemma, né attaccato al dio denaro il sublime James Hillman e tantomeno servo dei quattrini il serafico Salomon Resnik, l’uomo che curava e spesso guariva gli psicotici (tutti e tre conosciuti personalmente). Noi psicoanalisti siamo dei preti laici e forse riusciamo a strappare qualche verità o confidenza in più nel nostro privato confessionale, rispetto agli ecclesiastici, soprattutto grazie alle nostre abilità interpretative sui sogni e gli atti mancati. Non siamo dei giudici e non comminiamo pene in preghiere, né minacciamo l’Inferno, ma cerchiamo di capire, di accogliere e possibilmente di curare anche quelle manifestazioni che alla Chiesa possono sembrare possessioni diaboliche.
Rendiamo la pariglia al dialogo dei due ecclesiastici con questa lezione (!) che ci sarebbe piaciuto ascoltare in The young Pope e che gliela offriamo (senza nulla pretendere!) come professionale suggerimento e possibile integrazione di sceneggiatura nella prossima serie, le cui riprese dovrebbero iniziare nel 2018.
C’è un parallelismo con l’orrore di Coppola enunciato da Marlon Brando in Apocalypse Now a proposito della guerra (l’orrore, l’orrore) e in questo caso in riferimento alla storia dell’arcivescovo americano pedofilo Kurtwell (l’orrore è il problema), incastrato da Gutierrez il segugio del Papa, che conquisterà poi la sua fiducia nonostante la dichiarazione di omosessualità che il Papa aveva già intuito (sennò che santo sarebbe…). Il Papa ha deciso di sceglierlo come suo segretario personale, perché, dice di sé: il Papa bambino si è fatto uomo… prima gli serviva una figura materna, ora che è cresciuto, un collaboratore. Il Santo Padre ascolta con attenzione Gutierrez che si proclama omosessuale ma nello stesso tempo è bravo a diversificare “la pedofilia, che è violenza, dall’omosessualità che è amore”, mentre il Papa è pronto a rivedere le sue posizioni iniziali a proposito degli omosessuali enunciate nel quarto episodio: “noi non facciamo prigionieri, li rendiamo liberi, e un istante dopo li cacciamo dalla Chiesa!”. Somiglia molto adesso in questo cambiamento al caro e assai borgesiano Bergoglio, che ha risposto candidamente ai giornalisti interrogato sull’omosessualità: “chi sono io per giudicarli?”.
Finalmente assistiamo al ricordo della storia di Lenny che a quattordici anni compie il suo primo miracolo, guarendo incredibilmente la madre moribonda del suo amico Billy. Bellissima la scena in cui lui fa uscire tutti dalla stanza della malata, s’inginocchia accanto a lei e con le braccia rivolte al Cielo, si rivolge così, quasi con autorità, all’Altissimo: Signore! Dobbiamo parlare della mamma di Billy, io e Te, adesso! Ci viene ricordato qualcosa di non nuovo per noi ma sempre utile per tutti a proposito dei miracoli, e cioè che accadono spesso e bisogna solo avere “l’orecchio teso”. Domandiamoci quanti piccoli o grandi miracoli quotidiani accadono intorno a noi senza che li riconosciamo come tali… Sembrano storie umane, soltanto umane, ma la vera bravura di noi viventi consiste nello scorgere una componente pur infinitesimale di divino, che ci trascende e che ci pervade di meraviglia, in fenomeni apparentemente semplici e naturali come il sorriso di una persona amata o l’affetto di un amico o una gratificazione inaspettata o una guarigione insperata e a volte inspiegabile… eventi che squarciano la nostra speranza oltre i limiti che spesso ci vengono consentiti dalla durezza dell’esistenza e dal dolore che ci circonda. Come ha scritto il cattolicissimo e bravissimo scrittore Walker Percy: never a moment without wonder, bisognerebbe vivere mai un momento senza meraviglia, e questo potrebbe essere il segreto o la chiave dell’esistenza.
Nel nostro articolo a proposito della Grande bellezza, ventilammo il riscontro di diverse emozioni visive di chiara eredità felliniana nel regista napoletano, che sembra davvero, oggi, il migliore cineasta che nella sua originalità ha recepito e metabolizzato con intelligenza la lezione del grande riminese… basterebbe soltanto ricordare la scena monella in cui Jude Law caccia la lingua a uno scolaretto impertinente presente in Vaticano per la visita guidata, oppure paragonando il concistoro immaginifico di tutti i papi della storia evocati in suo aiuto, con l’episodio della rassegna di moda ecclesiastica in Roma di Fellini. E quale sarà il consiglio che gli daranno tutti i suoi predecessori? Di avere “banalmente” (così lui teme) soprattutto fiducia in se stesso più che nel Padre Eterno e, anche se può sembrargli troppo semplice e scontata, la risposta corale sottolinea quanta verità e saggezza siano insite nella banalità.
Anche se ribadisce piccato di non essere un comico al pacioso, bonaccione e sempre sorridente cardinale Aguirre, Lenny dovrà piegarsi alla necessità di inserire il sorriso e il buonumore nel suo papato. Quando chiede al simpatico cardinale come sta, e questi gli risponde: io sono sempre di buonumore, Santo Padre… Pio XIII gli risponde acido che ha sempre associato il buonumore alla stupidità; ma riceverà una santa lezione, data col sorriso sulle labbra: “in effetti non ha tutti i torti, Santità, ma non può immaginare la quantità di energia che deriva dal buonumore e dalla stupidità”. Questa conversazione farà in modo che finalmente il Vescovo di Roma appaia in pubblico e sorrida, “perché, alla fine ciò aiuterà la gente ad essere di buonumore…”.
L’ultimo tentativo di ricatto, attraverso la scoperta e la diffusione di missive amorose giovanili, col tentativo ignobile di screditarlo, si trasforma in un vero e proprio terzo miracolo di Papa Belardo. Tutti i media del mondo parlano ormai delle lettere d’amore del Papa pubblicate universalmente e che erano indirizzate alla sua giovanissima fidanzata di un tempo. Il mondo si è fermato, si è fermato a parlare d’amore, è il refrain che ripetono giornali e televisioni.
Ma la spina nel cuore di Lenny resta sempre la sofferenza per essere stato abbandonato dai genitori e l’incognita del motivo. Tante sono le possibilità a cui cerca egli stesso di dare spiegazioni e magari un senso, coadiuvato da quanti gli sono intorno; addirittura Suor Mary, impietosita, tenta un dolce inganno attraverso una finta coppia triste e pentita di anziani coniugi americani, che però vengono subito smascherati: a Lenny basta odorare la presunta madre per scoprire la verità, tanto è forte il ricordo olfattivo della vera genitrice. Il suo conto in sospeso con l’infanzia parte dal rifiuto compiuto genitori e dall’incontro con Suor Mary, detta Ma’, che ne farà un sacerdote modello e un santo moderno. Ma il ritorno del rimosso (così vuole la psicoanalisi) non perdona: quando Sofia Dubois, la Responsabile della Comunicazione del Vaticano, interpretata dalla bravissima Cécile de France da noi già apprezzata nell’imperdibile Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne del 2011, gli propone di fare una visita guidata a una scolaresca in Vaticano, il Papa mostra resistenza e segni di fastidio. All’efficiente esperta dell’immagine e del marketing papale che incalza: “…non vorrà deludere i bambini?”, Sua Santa Giovinezza esplode con “sono i bambini che mi hanno deluso!”. Altrove, in una chiacchierata confidenziale, dirà che della sua infanzia ricorda soltanto che a un certo momento non c’era più.
Nessuna sorpresa che la bravissima Diane Keaton, stupenda interprete della moglie del Padrino per Coppola e insuperabile attrice in tanti classici di Woody Allen (uno addirittura che sventola il suo vero cognome: Annie Hall) e che ha lavorato con registi del calibro di Alan Parker, Lawrence Kasdan, Peter Chelsom, abbia interpretato in modo così perfetto e magistrale il ruolo della ex-madre spirituale del Pontefice da adulta, quindi della sua segretaria particolare in Vaticano e infine della responsabile nel Terzo Mondo dei villaggi che ospitano bambini orfani al posto della ribalda infingarda truffatrice Suor Antonia. Le preghiere del Santo Padre puniranno in un lampo la nefanda e bugiarda monacaccia, in contemporanea con una sosta nel parcheggio di un motel, dove il nostro super-Papa si inginocchia a pregare sul selciato, mentre incombe una pioggia purificatrice e in Africa, appena visitata, si compie la giustizia divina.
Ci piace proprio questo mondo Vaticano del Terzo Secolo creato da Sorrentino, dove la migliore virtù psicologica, ovvero la comprensione delle cose e la loro interpretazione ai fini di migliorare la nostra vita e quella degli altri, si conciliano beatamente con il comportamento di tutti i personaggi modellati e diretti dal regista, dove il male e il bene coesistono, ma il male in modo assai bulgakoviano coglie sempre l’occasione di convertirsi in bene. Ricordate i versi di Goethe in epigrafe al mitico romanzo russo Il maestro e Margherita? Rileggiamoli insieme (è Faust che si rivolge al Diavolo): Dunque tu chi sei? E il Diavolo: Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene! E così accade in questo mondo Vaticano in continua oscillazione tra orrore e santità.
Non lasceremo i nostri lettori prima di accennare brevemente alla ricercatezza delle inquadrature e alla inimitabile fotografia di Luca Bigazzi, nonché alle musiche, alla scelta dei quadri e delle location della serie. La sigla che compare in apertura e che vede Jude Law camminare impettito e divertito davanti a una decina di dipinti che partono dall’Adorazione dei pastori (1600 circa) di Gerrit van Honthorst alla Consegna delle Chiavi a Pietro, dalle mani di Gesù, del Perugino (1480 circa) dipinto che si trova proprio in Vaticano nella Cappella Sistina; eccoci davanti al Caravaggio della Conversione di san Paolo (1601-1605 circa), facilmente ammirabile a Santa Maria del Popolo a Roma; e costeggiamo quindi con il Papa Il concilio di Nicea (2005) di Vlasios Tsotsonis e poi Pietro l’Eremita predica la crociata di Francesco Hayez (1827-1829); quindi si passerà davanti Gentile da Fabriano, il cui Stimmate di san Francesco (1420 circa) resta un punto fermo della trasmissione della santità in via pittorica; e ancora L’elemosina di san Tommaso di Villanova di Mateo Cerezo (1660 circa) per accostarci al fondamentale Michelangelo dona a Paolo IV il modello della Basilica di San Pietro (1618-1619) del Passignano, al secolo Domenico Crespi. Questo quadro e il seguente, La notte di san Bartolomeo (1572-1584 circa), di François Dubois sono gli unici due che vengono toccati e modificati da una cometa, la cui coda si ingrandisce man mano che attraversa tutti i dipinti, fino a interagire, con l’ombrello rosso (incendiandolo) che protegge dal sole il Papa del penultimo ritratto e che, dopo aver incendiato i palazzi della Notte di San Bartolomeo (1572-84) di Francois Dubois, si abbatte, ormai meteorite spento, su un Papa assai somigliante a Wojtila, così come è stato realizzato dallo scultore Cattelan nel 1999 (La nona ora). Pio XIII fa l’occhiolino al telespettatore, alla fine della sua baldanzosa passeggiata sulle note di All Along the Watchtower di Bob Dylan, nella moderna versione strumentale del rapper Devlin, con tanti saluti allo schifiltoso Premio Nobel per la letteratura 2016. Abbiamo ancora scoperto che Nada Malanima, con la sua notevole canzone Senza un perché del 2004, dopo un paio di passaggi (voce e persona) nella quarta puntata del Giovane Papa, è volata subito dopo al secondo posto in classifica dei brani rock più venduti di iTunes. La sempreverde Nada è autrice anche di diversi libri ed il suo primo Le mie madri, del 2003, ormai introvabile, possiamo scommettere di possederlo soltanto Pio XIII ed noi, lui per la carenza materna di cui il suo cuore è marchiato a fuoco per sempre e per quanto ci riguarda, sappiate che fa parte della nostra collezione psicoanalitica di libri sulle madri, a cui aggiungeremo sicuramente la storia del quadro Maddalena Ventura con il marito e il figlio del 1631 di Jusepe de Ribera, alquanto inquietante, che è contemplato dal Papa sorrentiniano insieme a un ragazzino perdutosi nei Musei Vaticani, perché trattasi del caso vero di una donna cui crebbe la barba durante la sua gravidanza e il fenomeno fu testimoniato su tela dietro commissione del viceré di Napoli Fernando Afán de Ribera.
L’illusione di trovarsi davvero in Vaticano è merito dello sbalorditivo talento di Ludovica Ferrario, che già ha collaborato con Sorrentino per la Roma inconsueta della Grande bellezza. Questa scenografa, meritevole di Oscar, è stata così abile da riuscire a convincerci che posti già incantevoli di per sé, come Villa Medici, Palazzo Braschi, Villa Doria Pamphili o Villa Piccolomini (se non l’avete mai vista, correte subito a visitarla!), siano luoghi vaticani. Bravissima. Anche la ricostruzione della Cappella Sistina a Cinecittà ci ha fatto venire l’idea che si potrebbe farla visitare anche in alternativa o magari in preparazione della visita all’originale, tanto sembra perfetta, così si eliminano le file e il traffico intorno al Vaticano e lo spreco di militari e polizia.
Permetteteci infine una innocua osservazione ai fini di una lettura psicoanalitica: documentandoci sull’ottimo Jude Law che abbiamo apprezzato enormemente nelle vesti di Papa Pio XIII (si era capito, no?) abbiamo appurato che è padre di ben cinque figlie: tre avute dalla prima moglie Sadie Frost; un’altra concepita con la modella Samantha Burke; e la quinta nata dalla relazione con la cantante Catherine Harding. Ci intriga professionalmente la coincidentia oppositorum tra la vita di un uomo assai allenato alla paternità (o quantomeno al concepimento) e la duttilità dell’attore capace di interpretare con patos e convinzione il ruolo di padre di tutti i cattolici senza essere padre biologico di nessuno e con la ferita sempre aperta dell’abbandono dei genitori. Che la chiave di tanta magia sia nascosta nella sua ultima compagna, Phillipa Coan, che è una psicologa? Sappiamo che questa “nostra” collega si occupa di psicologia applicata all’ambiente e alle fonti di energia sostenibili, e dunque raccoglie tutta la nostra simpatia.
Infine ricordatevi, per favore (lo capirà meglio chi vedrà fino alla fine The young Pope), che come dice il titolo di un dramma di Čechov, il tabacco fa male.
Questo articolo è dedicato con affetto, gratitudine ed amore allo zione Raffaele Colitti, Cavaliere dell’Ordine Piano (primo ordine pontificio istituito da un altro “predecessore” del nostro Lenny, Pio IX), che amava il cinema, ha gestito con passione il suo Cinema Teatro Savoia di Campobasso per tanti anni, ed è tornato alla Casa di Produzione Celeste poco dopo la conclusione della Mostra del Cinema di Venezia del 2016.