L’estate sembra essere diventata la stagione più crudele e più triste per chi ama il cinema. Sono trascorsi pochissimi giorni dal volo nelle sale del Paradiso-Cinema di Jeanne Moreau e di Sam Shepard, che subito dobbiamo piangere la partenza di Jerry Lewis per la stazione spaziale celeste di Freedonia (il libro-luogo più informato e intelligente sul cinema comico ebraico americano… se non l’avete o, peggio, non lo conoscete, fatti vostri!) di uno dei più grandi attori e registi ebreo-americani di tutto il panorama del Novecento. Paragonabile soltanto a Charlie Chaplin (il più grande di tutti, per sempre), Stan Laurel, Groucho Marx e fratelli, Buster Keaton, Gene Wilder, Woody Allen e Mel Brooks (che restano gli ultimi due grandi ancora viventi), il nostro magnifico Jerry, che si esibì in sette ruoli nel film The family jewels del 1965, ha creato un genere comico poi imitatissimo da molti, ma di una originalità senza pari. I suoi primi film: La mia amica Irma, Irma va a Hollywood e Artisti e modelle furono meravigliosamente interpretati insieme a una spalla che era un colosso, Dean Martin, e sono probabilmente tra i più belli della coppia. Pensate, proprio Groucho Marx, in un’intervista ricordò all’inizio di aver loro sconsigliato di dividersi (la decisione che invece lui aveva preso con i suoi fratelli! Paradossale, no?), perché temeva che il pubblico perdesse un duo eccezionale, ma poi si era convinto che dopo la separazione, da una coppia favolosa, erano venuti fuori due campioni artistici inimitabili e stupendi, che avrebbero scoperto in loro, dopo il divorzio, qualità e creatività nuove, diverse e crescenti. Dino Crocetti è morto molto prima di Jerry, che ha fatto in tempo a dedicargli nel 2005 un libro che è una vera e propria storia d’amore: Dean and Me (Doubleday), e infatti il sottotitolo lo dichiara: a love story. Chi come noi ha avuto la fortuna di vedere Jerry esibirsi dal vivo a Roma, al Teatro dell’Opera, nella sua tournee europea (doveva essere il 1983, dato che era reduce da un duplice bypass aorto-coronarico del 1982 e fece un paio di sketch proprio sul fumo in quanto aveva smesso l’unica “carriera” che valeva la pena di abbandonare, quella di fumatore incallito), può garantire che non era un venditore di fumo, ma un professionista ineguagliabile e riuscì a farci sbellicare dalle risate, nonostante parlasse in inglese… ma si sa, il vero comico parla un linguaggio universale, che è tutto nella sua mimica, e in questo i suoi veri maestri sono stati Charlot e Stanlio, che non parlavano troppo e cominciarono col muto, ma si esprimevano con lo stesso idioma della musica, comprensibile a tutta la gente di ogni Paese del mondo.
Autore di uno dei più bei film sull’ipnosi, Cracking Up del 1983 (titolo italiano: Qua la mano Picchiatello!…) di cui abbiamo parlato diffusamente nel nostro Trancelluloide, è stato attore straordinario per uno dei più importanti registi della Storia del Cinema, Martin Scorsese, in un film che lo ritrae non troppo distante forse dalla dura e cinica realtà, King of comedy, il Re per una notte divenuto ostaggio di Robert De Niro forse nell’ultima memorabile interpretazione di entrambi. Ma non ebbe paura di interpretare il vecchio zio insieme a una “resistente” Faye Dunaway nel bel film di Emir Kusturica dal titolo Arizona Dream; anche in quest’ultimo qualcosa di ipnotico c’è e lo abbiamo sottolineato sempre nel nostro dizionario di cinema e ipnosi.
Jerry ha scritto un altro libro, dal titolo Scusi dov’è il set? (ormai introvabile, ma chi scrive lo ha letto e ce l’ha, e ve lo lascerà consultare solo dietro presentazione di un curriculum dettagliatissimo!) che è un manuale ad uso di chi vuole diventare un perfetto film-maker. C’è davvero da imparare… chissà quanti registi, italiani e non, lo conoscono…
Su di lui Mauro Marchesini ha scritto il piacevolissimo Jerry Lewis. Un comico a perdere (Mazziana, 1983), che merita senz’altro un’occhiata per capire sempre meglio che tipo di gigante è stato, del cinema e della risata. Sposato a 18 anni (che coraggio!) con la cantante Patti Palmer dalla quale ha avuto sei figli, nel 1983 ha cominciato una nuova vita con la ballerina SanDee Pitnick da cui ha avuto nel 1992 il settimo figlio, Danielle Sarah. Jerry Lewis, oltre ad aver inventato Telethon nel 1966 a favore dei malati di distrofia muscolare, ha anche fondato recentissimamente la Casa della Risata per curare i bambini e i giovani affetti da traumi di vari tipi mediante quella che noi chiamiamo la MediCineTerapia, il cui primo evento di beneficenza è stato dedicato a Robin Williams. Una lontana sera a Las Vegas assistemmo a uno show triste e memorabile allo stesso tempo di Dean Martin, ubriaco come al solito, bicchiere in mano, che piangeva bevendo e beveva piangendo, ricordando i vecchi amici come Frank Sinatra e naturalmente Jerry Lewis su cui si dilungò (avevano già fatto pace), e facendoci piangere con la storia di un figlio giovanissimo morto in Vietnam. Di cantare non se ne parlava, finché qualcuno si stancò e gli urlò “sing That’s Amore” …e lui ripartì in quarta!
Che divertimento è stato dopo lo spettacolo all’Opera di Roma, vedere in trepida attesa Michelangelo Antonioni e Ugo Tognazzi (tra i più famosi), in fila davanti a un ingresso per gli artisti, in silenzio e piuttosto imbarazzati dalla situazione per loro inusuale, dato che tutti stavamo lì a guardarli, desiderosi di salutare e rendere omaggio al grande Jerry, che li fece aspettare non poco, all’aperto e sotto il sole! E noi lì a contemplare loro. Un famoso avvocato di Roma mio amico, mi è testimone.