Lo psicoanalista all’Opera

Terme di CaracallaQuesto è un breve diario di ascolti e visioni (ed emozioni, e rimozioni) operistiche cui abbiamo assistito (e che ci hanno assistito) da marzo ad agosto del 2006. Da Napoli a Roma, da Narni a Pesaro il vostro critico psicoanalista e andato all’Opera.

Napoli, marzo-aprile. Appassionati di Mozart ci rechiamo al San Carlo per ritrovare Le nozze di Figaro, con la regia di Martone. Ci delude la messinscena, anche se lodiamo l’orchestra diretta da J. Tate. L’opera buffa del supremo viennese, cosi colorata e birichina e profonda, risulta ingrigita e immalinconita dalla ricercata poverta (ma quanto sara costata?) del regista napoletano. Torna in mente uno spettacolo indimenticabile plasmato con grazia michelangiolesca al Comunale di Firenze dal regista francese Antoine Vitez, che catturo e definì per sempre, decenni or sono nella nostra idea della caverna platonica, quest’opera di Mozart. Il divino Amadeus concentro tutta la sua visione del mondo (e dunque dell’amore, delle relazioni, dell’amicizia, degli affari) nella trilogia “italiana” – con libretto composto nella nostra lingua da quel magnifico scrittore e viaggiatore che fu Lorenzo Da Ponte. Mozart richiede lo spirito gaio di un uomo persuaso delle vanita delle cose terrene, e che coincide con la visione joyciana che la vita essendo poco trasformabile necessita dell’inclinazione degli esseri viventi alla sua accettazione. Di tutto questo non c’e traccia al San Carlo.

Concediamo a Martone un’altra chance. Torniamo nel Regno dei Borboni (camerieri e tassisti maleducati piu di prima, tendenza ovunque alla “furberia dei quartieri”) per il Cosi fan tutte. Stessa impressione. Delusi per la nuova pesantezza volgiamo un pensiero ad una deliziosa, medesima mise en scene fatta da Giorgio De Lullo al Festival di Spoleto (quando era ancora un festival). La grazia, la dolcezza, l’eleganza, la finezza del grande compagno di Romolo Valli raggiunsero lo zenit, quella sera, della capacita magica dell’Opera. Piu del cinema, piu del teatro, ti ingloba in se e ti ospita – felice prigioniero – in un mondo dove regnano gli occhi e le orecchie, facendo levitare il nostro corpo. Cherubino che vola – letteralmente! complice Vitez (1979, dirigeva Muti) alla marcia militar per non fare piu il farfallone amoroso, e la fede delle femmine che e come l’Araba Fenice (“che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”), secondo De Lullo (1977, dirigeva Daniel Nazareth) continuano a cancellare qualunque ricordo di queste visite (con lacrime) napoletane. Rinunciamo al Don Giovanni (martonesco) e preferiamo aiutare i nostri pazienti a trovare l’amore maturo, fermi questa volta sulla nostra poltrona.

Roma, giugno. Sbarca il Turco in Italia nella capitale con un nocchiero–regista pieno di talento, Stefano Vizioli. Amabile e gioiosa, piena di inventiva e di forza ludica e caratteriale quest’opera avrebbe fatto felice anche il rubicondo Rossini e restera memorabile. Sara un caso che questo regista ancora giovanissimo e stato invitato dal Centro Studi di Psicologia e Letteratura gia dieci anni fa per parlare insieme di psicoanalisi e musica alla Casa della Cultura di Roma e dove incanto la platea?

Caracalla, luglio-agosto. Passati buoni trent’anni dall’ultima abluzione alle Terme operistiche dove assistemmo ad una scalcinatissima Aida (chi era il regista? Chi il direttore d’orchestra? Ma c’era l’orchestra?) con elefanti sul palco e chiacchieroni americani–pop e corn–sugli spalti ed elicotteri rumorosi in cielo e dove giurammo di non tornare mai piu, eccoci tornare sul luogo del delitto (never say never) trascinati da una pantera verdiana. Una coloratissima scena e una forbita regia di Paolo Micciche con una buona direzione d’orchestra di Silvano Corsi ci riappacificano con il luogo e tornano a farci emozionare.

Torniamo a vedere a Caracalla anche Turandot di Puccini e ci piace l’idea registica di Henning Brockhaus di cominciare con gli interpreti truccati da Puccini e compagni per poi mettere in scena l’opera e terminare laddove ha terminato Puccini (e noto l’episodio del grande Toscanini che si giro verso il pubblico esclamando “Qui finisce l’opera e a questo punto il maestro e morto!”), in quanto l’autore non riusci’ a concludere questo capolavoro, la cui fine (commissionata a Franco Alfano) in questa realizzazione si svolge con gli artisti che ricambiano gli abiti e recitano cantando di(s)messi la parte finale: nessuno dorme.

Narni, agosto. Il felino verdiano ci accompagna alla scoperta di un’altra Aida splendida, commovente e indimenticabile con regia, scene e costumi di Paolo Baiocco e con la luminosa, fulgida e coinvolgente direzione del maestro Francesco Chirivi’. Scopriamo che questo e l’esordio nella direzione d’orchestra del musicista (diplomato in flauto) che ha piu che diretto, accompagnato con bacchetta di acciaio in guanto di velluto bianco l’orchestra e il coro della della Filarmonica “Banatul” di Timisoara, come un condottiero sempre alla testa del suo esercito, che non passa mai in retroguardia e si distingue per la fierezza ed il coraggio dei propositi, si che i suoi orchestrali guardino a lui come all’esempio per portare a termine l’impresa. Come Cesare potrebbe scrivere di se: “Sono, sogno, suono”. Questa Aida e inoltre particolarmente intrigante perche e costruita su una storia che e un po’ leggenda e che potrebbe essere un archetipo. Infatti a Narni e conservato il Sarcofago di Ramose dove potrebbe essere celata la vera Aida che si chiamava in realta HAI THA.

Un gentiluomo di Narni ha trasportato questo sarcofago fin qui dall’antico Egitto ed il talentuoso regista Paolo Baiocco ha costruito le scene partendo dalle fattezze dell’originale. Il risultato e stato uno spettacolo vivo, emozionante e finalmente diverso dalle messe in scena colossali e da quelle stereotipe.

Pesaro, agosto. Fulminati da Rossini, e forse trascinati a lui dal nostro adorato Stendhal (che scrisse una “Vita di Rossini” deliziosa) quest’anno ci regaliamo le tre prime in programma. Torvaldo e Dorliska con la regia dell’efferato Martone, che pero questa volta non ci fa inquietare. L’opera e abbastanza rara, ma a questo vuole servire anche il festival, a far conoscere le opere meno rappresentate del grande pesarese, che nonostante le simpatie francesi e quelle della Francia per lui, ha destinato tutto il suo patrimonio in eredita alla citta che gli ha dato i natali, con il fermo appoggio della seconda moglie francese, che qui tutti lodano, fino a pensare di dedicarle strade e monumenti. Il secondo giorno va in scena “La cambiale di matrimonio” che e l’opera prima di Gioachino, ed e semplicemente fantastica, anche se la regia non e nuova, ma ripescata nel lago del tempo quando fu commissionata a Luigi Squarzina. Data la sua brevita vi e annesso “L’obbligo del primo comandamento” di Mozart e nessuno capisce perche. Incontro il mio amico Arrigo Quattrocchi, critico musicale del “Manifesto” (nonche ospite tra gli esperti musicali nel mio libro “Di che sogno sei?”) e cerco delucidazioni. In effetti anche lui e perplesso di questo ripescaggio della vecchia regia di Squarzina e soprattutto della incollatura di un Mozart davvero solo per iniziati o fanatici che starebbe bene solo in un revival mozartiano. Leggo l’indomani le sue critiche sempre centrate ed illuminanti. Lui segue il festival dal 1985, dalla sua nascita e pertanto e uno dei maggiori esperti del fenomeno, un vero Genius Loci. Per fortuna c’e Dario Fo che con la sua “Italiana in Algeri” la terza sera fa in modo che “se ne cada o’teatro” (secondo la classica definizione del successo secondo Eduardo) ed anche lui sarebbe insieme a Vizioli–il regista preferito del genio autore de “Il barbiere di Siviglia”. Dario Fo e in forma smagliante e ha dipinto le scene e progettato i costumi, come farebbe un giovanissimo artista alla sua prima prova d’accademia, mettendoci tutta l’anima. Ha reso attuale e soave quest’opera senza perdere nulla della sua grinta personale e della sua poetica, che si esprime anche in un’opera leggera e giocosa come questa. I commenti seri sulla musica e sul canto cercateli sotto la firma di Arrigo Quattrocchi, una vera garanzia per principianti ed iniziati. Per quanto ci riguarda–e a nostra discolpa–come psicoanalisti eravamo semplicemente in vacanza, ma possiamo senz’altro svelarvi un segreto: abbiamo scoperto che l’opera fa sognare.