(dalla Prefazione di Giuseppe Tabasso)
Caruso è il confessore laico e moderno, compassionevole e indulgente: non fa prediche, ma ragionamenti, non dispensa penitenze ma speranze, non chiede contrizioni ma introspezioni. È un igienista mentale al quale la professionalità impone di non giudicare i suoi interlocutori, ma di assisterli e magari stimolarli anche con citazioni e riferimenti letterari e culturali (da Croce, Leopardi, Eco, Omero, Borges e Tolstoj fino a Clint Eastwood, Polanski Fassbinder e Verdone). Insomma Caruso non è un pastore d’anime, ma un postino dell’anima …
Chi legge i commenti alle “lettere al dottore” contenute nel testo si avvedrà subito come Amedeo Caruso attinga, nelle risposte, da due livelli saldamente codificati, solo apparentemente lontani, per farli convergere in un unico tessuto argomentativo. Ecco allora rombare, qua e là, dalle trame dell’impianto dottrinale e dai modelli teorici di riferimento gli echi improvvisi di minuziose citazioni poetiche, narrative, filmiche. Con le quali Caruso spazia su più fronti implicando tutti gli spunti che le domande dei suoi corrispondenti gli suggeriscono per raccordarli felicemente in un originale e personalissimo unicum stilistico, niente affatto accademico e, anzi, al contrario, guarnito di raffinata leggerezza.
(dalla Postfazione di Gianni Spallone)