L’informazione ai tempi del coronavirus – Regole e deontologia della comunicazione sanitaria – Webinar del 18.12.2020 organizzato da: Gemelli Molise, Ordine dei Giornalisti e Associazione Amici Università Cattolica
Buon pomeriggio a tutti,
nel ringraziare per l’invito il Gemelli Molise, l’Ordine dei Giornalisti al quale mi onoro di appartenere e l’associazione Amici Università Cattolica, mi fa piacere far presente in questa sede che sono diventato medico chirurgo e specialista internista nel cuore dell’Alma Mater, ovvero nella Facoltà di Medicina e Chirurgia alla Cattolica di Roma, e dove ho anche conseguito il diploma di esperto in bioetica istituito come corso al Gemelli di Roma tra i primi in Italia.
Rivolgo quindi un cordiale saluto alla Dott.ssa Celeste Condorelli, Amministratrice Delegata del Gemelli Molise, all’amico presidente dell’Ordine dei Giornalisti prof. Vincenzo Cimino, al dott. Geremia Carugno, vice delegato Diocesano e Coordinatore Associazione Amici Università Cattolica, nonché agli altri relatori prof. Fausto Colombo, al collega dott. Arturo Ciccullo e al doppiamente collega dott. Vincenzo D’Amico.
Comincio col dire che dall’inizio dell’epoca del Covid mi sono trovato ad affrontare questo pandemonio pandemico da diversi punti di vista.Il primo è quello dell’operatività sanitaria come medico di famiglia. Il secondo è quello dello psicoterapeuta, la mia altra specializzazione dopo la medicina interna che mi è stata di grande aiuto nella gestione delle difficoltà insorte intorno e dentro il caos provocato dal Covid19, che non soltanto hanno indotto morte e dolore, ma anche angoscia e disperazione. Il terzo punto di vista è quello del giornalista. Da moltissimi anni ho condiretto e poi diretto diverse riviste di psicologia e quella che guido attualmente e che ho fondato, si chiama Psiche Arte e Società, e come dice il suo nome tratta di argomenti relativi alla società in cui viviamo, con particolare attenzione alle ragioni dell’arte e alle interpretazioni della psicoanalisi applicate al nostro mondo, all’insegna della pace e della preoccupazione per la buona salute psicofisica tutti.
Partiamo dalla mia attività come giornalista, nella quale mi sento sempre ispirato da una sentenza famosa che dice così: La stampa è al servizio di chi è governato, non di chi governa!
Questa asserzione fu pronunciata dalla Corte Suprema americana nel verdetto in favore del New York Times e del Washington Post che avevano pubblicato negli anni 70 i dossier segreti sulla guerra in Vietnam che svergognavano il governo in carica.
A proposito di giornalismo, come ho scritto già nel numero 13 della nostra rivista dal titolo Psicovid20, Ernest Hemingway, che lavorò anche come editorialista per la rivista Esquire, nel 1934scrisse queste sante parole: La cosa più difficile al mondo è scrivere prosa onesta e sincera sugli esseri umani. Per prima cosa bisogna conoscere l’argomento e poi bisogna saper scrivere. Due cose che per impararle ci vuole una vita e chi sceglie la politica come scappatoia bara… scrivete di quello che sapete e scrivete con sincerità…[1]
Dobbiamo riconoscere che questo momento tragico e nero per tutti è anche un momento magico e d’oro per i giornalisti, che possono trasmettere informazioni oneste e valide, aiutando tutti a conoscere la verità, costi quel che costi. Apprezzo molto i professionisti che fanno servizi non semplici, come i colleghi di alcune trasmissioni televisive che potremmo definire veri e propri giornalisti d’inchiesta, alla ricerca della verità, che a volte operano di pari passo con le forze dell’ordine, aiutandole spesso a migliorare le loro indagini e a concluderle con successo.
Devo però correggere, per il bene suo e di tutti i medici e utenti, quanto la giornalista Gabanelli ha affermato di recente a proposito dei medici di famiglia non tanto per una difesa corporativa, ma per amore della verità, memore di Hemingway e della sentenza americana a favore del New York Times e del Washington Post.
Tanto per cominciare, la giornalista fa riferimento a un rimborso relativo a telefonate che i medici fanno per i controlli covid e specifica che si tratta di 3 euro a telefonata, ebbene questa è una convenzione in vigore soltanto nella Regione Lombardia, non in tutta Italia.
Ancora, la Gabanelli, che è una valente professionista deve sapere che i medici di famiglia, quando andranno in pensione non prenderanno nessun trattamento di fine rapporto (quella che si chiama volgarmente la liquidazione) che invece percepiscono tutti i lavoratori dipendenti, che sono la maggior parte in Italia. Quindi precisiamo per la Gabanelli e per tutti che i medici di famiglia dipinti così ricchi di stipendio, avendo un contratto a convenzione e dunque a partita iva, non percepiscono proprio nulla alla fine del loro lavoro e neanche la tredicesima, o quattordicesima e per giunta non hanno alcun permesso matrimoniale o per lutti (che tutti vorrebbero evitare, sto parlando solo dei lutti!).
Dunque, lo stipendio del medico di famiglia, è bene che si sappia, se non è uno stipendio basso, è al massimo uno stipendio medio, e sicuramente uno dei più bassi dei medici di famiglia dell’Unione Europea.
E inoltre, lo sappia la Gabanelli e l’opinione pubblica illuminata, che con il nostro stipendio “così succulento”, dobbiamo pagare il fitto dello studio, le segretarie, tutte le utenze quali luce, acqua, telefono fisso, gas, e la benzina dell’auto per fare le visite a domicilio; la strumentazione medica è a nostro carico e così i farmaci che pratichiamo, incluse le siringhe!
E se ci ammaliamo abbiamo un’assicurazione che ci rimborsa soltanto quel che paghiamo al nostro sostituto. Sono certo che anche il medico di famiglia della signora Gabanelli concorderà con quanto sto dicendo.
Ma voglio alleggerire il mio intervento sulle notizie come giornalista, ricordando che Milena Gabanelli ha scritto un libro su Brigitte Bardot per Edizioni Gremese nel 1983, illustrato e simpatico che ho letto e conservo con piacere, ma non vorrei ricordarla solo come esperta di cinema… insomma non mi faccia perdere la stima che ho di lei per il suo meritevole giornalismo, altrimenti sarò costretto a fare come diceva Totò a seconda delle circostanze nel film del 1951 Totò e i re di Roma di Steno e Monicelli: poi dice che uno si butta a destra, a sinistra o al centro… parola di cinefilo!
Veniamo ora al mio ruolo medico. Per quest’altro aspetto, voglio ricordare una frase tratta da Gente di Dublino di Joyce: Meglio passare a miglior vita baldanzosi, nel pieno splendore di una qualche passione, piuttosto che appassire e spegnersi lentamente nella triste vecchiaia. Forse è questo che pensano purtroppo i giovani che vedo spavaldi e presuntuosi in giro senza mascherina e assiepati fra di loro come tristi rami in un cespuglio. Forse non si rendono conto ancora di essere un pericolo grave per la società… Sono probabilmente convinti che dato che il virus colpisce poco la loro giovane età, si sentono impermeabili ad esso, e sfacciatamente lo sfidano. Ma non capiscono di essere dei veicoli di contagio per i loro genitori, i nonni e gli zii?
Non sono trascorsi troppi giorni dalle riunioni facinorose svoltesi all’Eur di Roma con 3000 sciagurati che protestavano contro le misure preventive, e di circa 500 giovinastri che ugualmente si scalmanavano tra di loro al quartiere Pincio e altri ancora a Villa Borghese… La stessa cosa è accaduta a Venezia qualche giorno dopo; eppure, il numero dei morti quotidiani è quasi pazzesco.
Nel mio intervento sul recentissimo Psicovid20, mi sono richiamato all’interpretazione archetipica della pandemia e del pandemonio, termini che sono entrambi sotto il segno del dio Pan che regna sul panico e quindi sulla necessità di isolarsi per fuggire i contagi e la paura. Quando parliamo di timor panico è proprio a questo che ci riferiamo.
L’altro dio che ci governa è Marte, perché la nostra aggressività è salita a livelli di esondazione, è come se tutti i fiumi della Terra fossero straripati con violenza, con rabbia, e nell’ira.
L’altro riferimento archetipico è Mercurio, il messaggero degli dei, il dio delle comunicazioni, che in questo periodo da un lato ci aiuta consentendo una diversa modalità per essere vicini gli uni agli altri, seppure soltanto con la voce al telefono o con le videochiamate che ci mostrano almeno un’immagine bidimensionale di noi, ma mi auguro tridimensionale nel senso psicologico se vogliamo sostituire la dimensione psicologica a quella geometrica… ma purtroppo il dio Ermes è anche quello che induce una confusione delle lingue e una pletora di chiacchiere che spesso insordiscono o confondono chi le ascolta, provenienti dalla radio, dalla televisione, dai telefonini, dai computer o dalla voce umana. Non dimentichiamo che “ermetico” significa anche “chiuso”, “enigmatico”, “incomprensibile”. Troppe notizie, troppo frequenti, a volte contraddittorie, a volte false, a volte poco probabili, a volte certissime, con quei dati così perentori che dicono un giorno che le cose vanno meglio, ma le vittime sono disgraziatamente quasi un migliaio al giorno.
Nel numero della rivista a cui hanno partecipato una decina di medici tra cui, il prof. Gabriele Sganga, chirurgo del Gemelli di Roma; il dottor Lorenzo Capaldi, responsabile del reparto di Medicina d’Urgenza, sempre del Gemelli di Roma; Donato Santopuoli, primario di Malattie Infettive dell’ospedale Cardarelli di Campobasso; il dottor Sergio Torrente, anestesista rianimatore dell’Ospedale Cardarelli di Campobasso; la dott.ssa Antonella Raimondo, psichiatra, il dottor Gennaro Restaino, radiologo del Gemelli Molise; il medico del lavoro Fabrizio Giannandrea; la dottoressa Maria Antonietta Cannavina, medico di famiglia; il dottor Vincenzo Leccese, specializzando in geriatria; la dott.ssa Ida Caruso, farmacista, il dottor Les White, psicoterapeuta adleriano di Chicago, lo psicoterapeuta Giorgio Mosconi, e ancora l’economista Roberto Cantatrione, la docente di musica Maria Teresa Cutrone, il magistrato Roberto Oliveri del Castillo ed io stesso e quando abbiamo dato alle stampe a fine agosto la rivista, c’erano circa 35.000 morti. Oggi che parlo, i dati sono di ieri, sono saliti a quasi 66mila, il che vuol dire quasi il doppio in meno di quattro mesi. Ripetetelo ai vostri figli e nipoti tutti i giorni, anche due volte al giorno. Finanche tre. Per darvi un’idea, negli USA, circa 312mila morti su 326 milioni di abitanti circa. Al momento c’è oltre un milione e mezzo di persone decedute per covid in tutto il mondo e questi dati ricordano quelli dei conflitti mondiali.
La premessa necessaria a commento di tutto quello che è accaduto e potrebbe accadere, è che non esiste un posto immune dai tormenti della storia. Esistono però le risposte umane ai diversi problemi che incontriamo o che ci piovono addosso durante la nostra esistenza. Ogni era ne ha almeno qualcuno. Penso a un caro amico che ha circa 99 anni ed è un sopravvissuto dei campi di sterminio nazisti in Italia. Mi onoro di essere anche suo medico curante dal giorno in cui ho iniziato la mia professione di medico di famiglia. Un altrettanto caro amico, un medico americano di origini polacche, che quest’anno compie 97 anni, è uno degli ultimi ebrei viventi salvati da Schindler. Che storie terribili hanno vissuto questi due longevi signori, e pensate che ancora oggi continuano a raccontare la loro storia nelle scuole, per non dimenticare.
Tanti della generazione nata intorno agli anni 50 del ‘900 sono depositari di racconti dei genitori e dei nonni a proposito degli orrori e dei patimenti vissuti nella Seconda Guerra Mondiale. Durante il conflitto perirono in Europa 50 milioni di persone, e in Italia circa mezzo milione tra militari e civili. Ma attenti a questi dati per favore: tra il 1915 e il 1916 ci fu il Genocidio Armeno da parte dei Turchi con un milione e mezzo di vittime, indetto da Maometto V. L’Olocausto comandato da Hitler e condiviso da Mussolini tra il 1933 e il 1935 produsse 10 milioni di vittime. Secondo lo scrittore russo premio Nobel Solženicyn, nella vecchia Unione Sovietica, tra il 1917 e il 1958, Lenin e Stalin eliminarono circa 60 milioni di dissidenti! Un dittatorucolo africano (con la fama di mangiare anche i suoi prigionieri) di nome Idi Amin Dada, nel 1976 provocò un massacro razziale con circa 500.000 vittime secondo Amnesty International. Questo è quanto in breve siamo riusciti a fare nel ‘900 noi uomini. Tutto da soli, senza la complicità di un virus. Dobbiamo ammettere di essere molto più potenti e cattivi di qualunque malattia contagiosa mai comparsa finora.
Eppure, intorno al 1850 Semmelweis aveva capito la causa della sepsi puerperale e la sua scoperta è più che mai attuale: lavarsi bene le mani è uno dei presidi fondamentali che ci aiutano a fronteggiare e ridurre le possibilità di qualunque contagio. Abbiamo attualmente cure che hanno rivoluzionato in meglio l’andamento clinico di quella che sembrava la peste del secolo, l’AIDS. Non l’abbiamo ancora sconfitta, ma le attuali terapie antiretrovirali hanno modificato notevolmente la sopravvivenza e la qualità della vita di questi malati. Per non parlare della tubercolosi, che ancora oggi annualmente nel mondo colpisce 8 milioni di persone e circa due milioni muoiono a causa della stessa, nonostante dalla metà degli anni 50 abbiamo la giusta terapia… Quanti di quelli che mi stanno leggendo hanno ancora le piccole cicatrici sul braccio provocate dalla vaccinazione antivaiolosa? E quelli che non ce l’hanno sono i testimoni del fatto che la vaccinazione globale ha consentito di far scomparire il virus, dichiarato eradicato dall’OMS nel 1979.
Dobbiamo semplicemente evidenziare due cose importanti e progettuali: la prima è che ci siamo trovati di fronte a un nemico comune e siamo sempre tutti insieme uniti e concordi nel volerlo combattere secondo le indicazioni di quelli che ne sanno più di noi: scienziati, medici, epidemiologi, statistici e politici. Insomma, siamo tutti contro uno senza alcuna distinzione, almeno per una volta, di razza, religione, opinione politica.
Inoltre, come medico e giornalista e psicoterapeuta voglio sottolineare nuovamente la necessità della responsabilità civile per quanto riguarda i vaccini, dato che quasi il 50% degli italiani non vorrebbero farlo o sono perplessi.
E nel frattempo viviamo in un’epoca dove personaggi come Lukashenko stanno perpetrando soprusi di cui conosciamo soltanto una parte attraverso i dissidenti e gli esiliati.
Ancora sospiri e amarezze per il caso Regeni e apprensione per il giovane Patrick Zaki.
Non dimentichiamo inoltre che il diffondersi della pandemia dipende anche dall’aumento della popolazione mondiale, che cinquant’anni fa era di circa 3 miliardi e attualmente siamo quasi otto miliardi.
Ricordiamo invece i parametri che Pulitzer (l’inventore del premio più prestigioso del giornalismo) enfatizzava come i requisiti della migliore scrittura giornalistica: accuratezza, chiarezza, stringatezza e forza di persuasione con un comune denominatore, la portata sociale e l’etica della notizia
Enzo Biagi confessò pubblicamente che avrebbe fatto il giornalista anche gratis… e meno male che gli editori non se n’erano mai accorti!
Faccio presente che esiste un nuovo dizionario Devoto-Oli dove sono presenti i neologismi più usati del momento, come debunking, deepfake, infodemia (che è quello che mi piace di più, perché più italico), bioeconomia, denatalità, ecoquartiere, ecotassa, plastic free, plastic-tax, contact tracingtracciamento dei contatti, spillover (ovvero il salto di specie dei virus), parola resa celebre dal titolo del saggio premonitore di David Quammen. E ancora nomi e aggettivi diventati verbi come quarantenare, tamponato o pronato.
Per concludere, non ricorrerò né a Ippocrate né a Freud e nemmeno al giornalista Marco Travaglio, tutti e tre onorabili, ma voglio citare il signor Montaigne che diceva che non ha paura della morte chi non è schiavo di nessuno e ancora, il mio poeta preferito, Orazio, che ha scritto Impavidum ferient ruinae, Se il mondo andrà in frantumi il grande rimarrà impavido, dritto sulle rovine senza paura. Così preferirei essere trovato se l’inevitabile accadesse.
Ma prendiamola ironicamente, e sappiate che Marx diceva che sarebbero cadute tutte le monarchie e le dittature, tranne una: quella del direttore di un giornale. Vi saluta e vi ringrazia per l’ascolto, augurandovi buona salute sempre il Direttore della rivista Psiche Arte e Società.
[1] Ernest Hemingway, By-line, Mondadori, Maggio 1977